come buttare una bottiglia in mare, sperando che non colpisca in testa una cernia

venerdì, ottobre 06, 2006


A casa mia quando eravamo piccoli
non c'erano libri
solo l'enciclopedia medica e un libro sui faraoni.
E poi potevamo sfogliare l'album delle foto di nozze dei miei genitori
o vestro e postalmarket.
E però, nonostante non ci fossero a casa mia librerie piene zeppe fino al soffitto,
come quelle che vedevo a casa di una mia compagna di scuola figlia di notaio,
noi piccoli i libri li abbiamo cercati, amati. Preferiti a tutto il resto.
I primi ce li facevamo prestare dai miei zii. In quella casa di Napoli dove c'era, nel salone,
anche una statuetta di dedalo e icaro. E liquori nei mobili. E sigarette.
Una casa diversa dalla nostra.
Mi incantavo sempre a guardarla quella statua di dedalo e icaro. Con quelle ali.
Io ero piccola piccola e tra i primi libri che mi feci prestare mi ricordo 'la noia' di Moravia e 'Marcovado' e 'Quo Vadis'.
Chissà poi perchè scelsi quelli, che cosa mi suggerivano le copertine, i titoli, i nomi degli scrittori.
Da allora poi i libri me li facevo comprare dai miei genitori. O mettevo i soldi da parte in una piccola cassaforte di plastica rossa.
Poi piano piano hanno i libri hanno riempito casa mia e anche quella dei miei genitori.
Dentro degli scaffali pieni quasi come quelli della figlia del notaio. Certo in scaffali meno pregiati.
E mio padre, da quando non crolla più morto di sonno, subito dopo cena, per la fatica di un lavoro pesante, ha cominciato a leggerli. Tutti.
E stamattina mi ha detto che li ha finiti tutti quelli che sono a casa. Me ne ha chiesti altri.
Con la stessa avidità con cui io chiedevo, bambina, a lui, di regalarmeli. Per favore. E lui non li capiva bene, allora, questi oggetti di carta e di parole. Ma mi accontentava. Si fidava di me. Dei miei desideri. Dei miei sogni.
Bo. Quasi quasi mi veniva da piangere. Per una specie di tenerezza.

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