come buttare una bottiglia in mare, sperando che non colpisca in testa una cernia |
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martedì, dicembre 05, 2006
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5:41 AM
by giovanna
I ragazzini là impiccavano i cani per gioco e poi li colpivano con le pietre mentre penzolavano. C’era una mia compagna di scuola che abitava dentro una casa blindata. aveva le vasche da bagno con i rubinetti d’oro ma casa sua era vuota, mezzo vuota, e sopra i divani c’era la plastica. non ti ci potevi sedere. se no si rovinavano. e dei lampadari enormi. Quando andavo a fare i compiti da lei c’erano sempre degli uomini silenziosi in stanza con noi. a me non piacevano. e non ci sono più voluta andare. Mio fratello lo picchiavano quasi tutti i giorni, a scuola, perché non parlava mai e non gli piaceva fare a botte. anche adesso mio fratello non parla mai. C’era un ragazzino più grande di me, Clemente, si chiamava Clemente, che ora fa il camorrista. Mi dicono che è diventato uno di quelli che si fa rispettare. Sua madre raccoglieva i pomodori in campagna. ogni mattina venivano a prenderla con un furgone pieno di altre donne. abitavano in una baracca. il padre non ce lo aveva. la sorella si è ammazzata. Sai com'è, si finisce per diventare cattivi. Io di Clemente mi ricordo solo che una volta mi ha consolato perché un cane per strada mi aveva dato un morso. Alla mano destra. Mi diceva ‘non piangere non piangere ti accompagno io da tua mamma’. Avevo sei anni. Lui mi ha preso in braccio, e mi ha portato a casa. Io li conosco quei posti. lunedì, novembre 13, 2006
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4:03 AM
by giovanna
Procedo più lentamente del solito. Non uso colori. Appena metto un grammo di rosso subito lo lenisco con un bruno di van dyck. Gialli poi, non se ne parla proprio. Verde solo mischiato al nero...perchè diventi fango. Così compare sulla tela l'immagine di un ricordo che dissanguo. Levando i colori levo il sangue agli oggetti e ai luoghi. Ma il bianco, è lui che mi tradisce, mostrando col suo candore le pieghe languide di un letto sfatto. Il bianco ti fotte sempre, con la sua luce. mercoledì, ottobre 18, 2006
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2:38 AM
by giovanna
dalla stanza dove dipingo ora. specialmente di notte. vista underground su caviglie e pneumatici. niente tetti di cattedrali, piuttosto voci che arrivano dall'alto. e ginocchia. un gatto che scappa. sporco di fuligine. una cartella di bambino. la città mi prende ancora di più dentro il suo ventre d'asfalto. sono sempre più figlia sua. e in fondo è quello che voglio. giovedì, ottobre 12, 2006
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3:22 AM
by giovanna
nella casa davanti al mercato. Le stanze vuote rivelavano tutto quello che le ha riempite. Le parole facevano eco. E i silenzi anche. e le lenzuola svelavano in ogni piega un giorno. una notte. ma quello che ho lasciato stanotte, non si può dire. E allora sarà una tela. Sarà una tela grande. Userò molto bianco. Pochi colori. Quasi solo terre e grigi. Sarà un letto sotto una finestra. Il mio letto. La mia finestra. E basta. La stanza vuota. Con gli angoli così candidi. Tutti gli angoli che ho lasciato. venerdì, ottobre 06, 2006
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12:42 AM
by giovanna
non c'erano libri solo l'enciclopedia medica e un libro sui faraoni. E poi potevamo sfogliare l'album delle foto di nozze dei miei genitori o vestro e postalmarket. E però, nonostante non ci fossero a casa mia librerie piene zeppe fino al soffitto, come quelle che vedevo a casa di una mia compagna di scuola figlia di notaio, noi piccoli i libri li abbiamo cercati, amati. Preferiti a tutto il resto. I primi ce li facevamo prestare dai miei zii. In quella casa di Napoli dove c'era, nel salone, anche una statuetta di dedalo e icaro. E liquori nei mobili. E sigarette. Una casa diversa dalla nostra. Mi incantavo sempre a guardarla quella statua di dedalo e icaro. Con quelle ali. Io ero piccola piccola e tra i primi libri che mi feci prestare mi ricordo 'la noia' di Moravia e 'Marcovado' e 'Quo Vadis'. Chissà poi perchè scelsi quelli, che cosa mi suggerivano le copertine, i titoli, i nomi degli scrittori. Da allora poi i libri me li facevo comprare dai miei genitori. O mettevo i soldi da parte in una piccola cassaforte di plastica rossa. Poi piano piano hanno i libri hanno riempito casa mia e anche quella dei miei genitori. Dentro degli scaffali pieni quasi come quelli della figlia del notaio. Certo in scaffali meno pregiati. E mio padre, da quando non crolla più morto di sonno, subito dopo cena, per la fatica di un lavoro pesante, ha cominciato a leggerli. Tutti. E stamattina mi ha detto che li ha finiti tutti quelli che sono a casa. Me ne ha chiesti altri. Con la stessa avidità con cui io chiedevo, bambina, a lui, di regalarmeli. Per favore. E lui non li capiva bene, allora, questi oggetti di carta e di parole. Ma mi accontentava. Si fidava di me. Dei miei desideri. Dei miei sogni. Bo. Quasi quasi mi veniva da piangere. Per una specie di tenerezza. giovedì, ottobre 05, 2006
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8:17 AM
by giovanna
Vista da qui la flebo sembra un calice di cristallo. Pieno di un liquore dolce. Visto da qui il bianco delle lenzuola sembra un abito pronto da indossare per la prima comunione. E il rumore degli attrezzi di metallo sui carrelli suona come le note isolate dei tasti di un pianoforte. Un notturno di Chopin. Non sono i tagli e i chicchi d’asfalto che mi sono entrati nelle mani a ferire. Di più è la malinconia. Respiro diligente, però. So che devo continuare a farlo. Con un ritmo costante.Chi lo ha detto che respirare viene automatico? Io ora ci penso a ogni boccata d’aria che ingoio a sforzo. Come quando imparavo le tabelline a fatica. Faccio sforzo di non smettere la cantilena dei respiri. Perché, tutto sommato, voglio continuare. Uno per uno uno. Uno per due due. Perché, nonostante tutto, ci sono attaccata ai pomeriggi al mare, e a quelle poche cose come il camminare a fianco, l’aspettare l’estate seduti sui muretti, il pane con l'olio ed il sale. Come ballare o come quando ti viene da ridere e non riesci a smettere. Come la tovaglia pulita e il vino a pranzo, una canzone che passa alla radio, certe mattine d’inverno, al mercato, con le buste della spesa ad aiutare mia madre, e mio padre che ci aspetta in macchina. Cose come addormentarsi con la stanchezza e il latte caldo, svegliarsi con una voglia di andare nelle gambe. I ricordi, le coincidenze. Il desiderio e le possibilità. Infinite. Che sempre rimangono, finchè si respira. E’ per questo che, diligente, ingoio questo ossigeno difficile. Attenta a non sbagliare. Uno per uno uno. Uno per due due. Uno per tre tre. Quando finalmente il respiro mi è tornato automatico mi hanno spostato dalla rianimazione in una stanza con altre persone. giovedì, agosto 17, 2006
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12:17 AM
by giovanna
di chi m'urla il suo amore come un aquila starnazzante chi urla troppo si strozza e muore mi fido piuttosto di chi aspetta in silenzio nella stanza e così pure preferisco chi m'odia con sorda ostinazione a chi mi scrive canzoni d'amore che parlano di rive e di lune. Generiche rive, generiche lune non varranno mai una bestemmia contro. non mi fido di chi mi dice bella per quel modo leggero, così crede, che ho di spostarmi i capelli dal viso mi fido piuttosto dello sconosciuto che mi sfiora, per caso, col dorso la mano nell afa e nei neon di una metropolitana stracolma quando a sera, con gli occhi stanchi, rientro dal lavoro con le buste della spesa con dentro il latte e il pane è, quella, la carezza di compassione e disperato amore di chi sta nello stesso naufragio non vi fidate, insomma, di chi v'urla il suo amore come un'aquila starnazzante né di chi vi dice la vostra insopportabile mancanza sdraiato su un comodo cuscino di una camera d'appartamento sui comodi cuscini degli appartamenti una carta da parati vale l'altra così pure una bocca vale l'altra e chi le bacia, povero stupido, crede che il rosso carminio d'alzarina sia uguale a un rosso di cadmio mercoledì, luglio 05, 2006
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3:57 AM
by giovanna
di tendere fionde e di sciogliere i capelli è tempo di preparare il pane al mattino presto quando è ancora alba è tempo di levarsi gli abiti è tempo di cogliere le ciliegie più rosse più dolci è scaduto il tempo del silenzio del bianco del digiuno è tempo di suoni e miele forte scaduto il tempo delle ortiche, preparo il tempo dei girasoli lunedì, maggio 22, 2006
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2:32 AM
by giovanna
che russava e quando dormiva era un orribile orco. e quello che sapeva solo ascoltare e non sapeva dire nulla, se non sgranare rosari, che quelli sono sempre uguali e facili da recitare. e poi quello che su una parete bianca diventava bianco e su una parete gialla, giallo. Su una parete rossa, però, guarda un po', non sapeva diventare rosso. e poi, te lo ricordi, quello che sul citofono prima del nome c'aveva scritto 'arch.'? Poi c'è stato quello sprezzante che passava sui cadaveri e ci saltava sù con la corda. arancio, pera, limone e fragola. e poi poi una domenica mattina uno con gli occhi azzurri e un sorriso da ciliegie e primo sole Lei lo notò anche se lui stava girato di spalle. Figuriamoci che occhi deve avere uno che si nota anche se sta girato di spalle. e non aveva 'arch.' scritto sul citofono, ma, anzi, neanche il nome. Il nome, doveva indovinarlo lei, che andava a cercarlo. Ma è facile indovinare il nome di chi porta gli occhi azzurri e un sorriso da cilegie e primo sole. mercoledì, marzo 22, 2006
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1:57 AM
by giovanna
il pittore. Non gli chiedete nulla. Non gli mettete per favore le mani addosso. Non gli frugate nelle tasche. Hai preso pezzi d'anima li hai tagliati a fette ne hai raccolto il sangue in una bacinella di plastica e lo hai buttato su del cotone bianco. hai preso notti con la gastrite hai preso un dolore antico un pianto in una angolo di quando eri bambino hai preso tua madre e tuo padre hai preso il freddo hai preso tutto quello che non capisci e lo hai buttato su del cotone bianco hai fatto tutto questo per poi trovarti a un vernissage con una faccia con gli occhi lessi da cefalo che tracanna vino e ti chiede 'ma perchè sono così tristi questi quadri? sei tanto una bella ragazza' 'ma perchè c'hai messo un orologio sotto l' albero? che vuol di'?' e una bocca che mastica aperta che ti dice che carino troppo bellino che carino che carino Lasciate in pace per favore il pittore. Non gli chiedete nulla. Non gli mettete per favore le mani addosso. Non gli frugate nelle tasche. Le domande per favore fatele ai mercanti, agli orridi critici che sanno dare 'senso' e univoche spiegazioni. I pittori lasciateli da soli con le loro bacinelle di plastica e non usate per favore l'aggettivo 'carino' mercoledì, marzo 15, 2006
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7:30 AM
by giovanna
tra un orribile orco che ti respira in faccia, e ti parla degli sponsor delle feste patronali Succede che alla stesso tavola alla tua destra sieda una donna con gli occhi a palla e il bacino stretto che ti parla del fondotinta dei politici e del martirio di berlusconi. Succede che quella sera tu stai e non puoi andare via. E poi ti chiedi, mentre il tuo fegato, dignitosamente, si autocorrode, ma perchè non sbatto la borsa e anche il tavolo per aria e scappo via? e poi gli orchi ti vogliono scortare sotto casa come ci potesse essere per te qualcosa di più minaccioso di loro.. E tu guardi la finestra del ristorante aspettando che arrivi uno zorro qualsiasi a portarti via. E ti dici che stai buttando una sera della tua vita in pasto a questi orchi. Poi d'improvviso ti ritrovi a parlare col cameriere che vi serve al tavolo e scopri che è scappato dal suo paese, che è un bravissimo pianista, che è un cantante lirico. E ti ripete con la faccia avvilita e appassionata 'io non sono un cameriere, io sono un cantante'. E poi succede che quella stessa sera ti chiama lisa, la piccola lisa, che dall'alto dei suoi sei anni ti vuole raccontare dei quadri belli che ha visto e ti dice di una grande tela rossa con un taglio al centro e ti racconta che quella per lei vuol dire 'che una persona ha ucciso se stessa, perchè c'è il rosso del sangue e un taglio nella tela che era sua, che aveva fatto lui, il pittore' ti racconta un quadro dall'alto dei suoi meravigliosi sei anni. allora, senti le altezze dei sei anni di lisa di un cameriere pianista che vive straniero in questo paese e soffre e non si arrende. Allora capisci che anche quella serata al tavolo degli orchi ha un senso. E ti commuove, ancora una volta, la vita. venerdì, febbraio 24, 2006
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7:28 AM
by giovanna
Di questa terra di Liguria che attraverso mi piace invece questa luce priva di colore. Grigio bianchissimo e silenzioso. Scelgo il silenzio o il rumore assordante di una musica urlata. Il chiacchiericcio inutile, no. Pietre e acqua di Liguria. Alberi secchi. Nessuna opulenza vanagloriosa. Riconoscente ammiro questa terra e questa acqua aspra di sale. Terra che non s'agita di chiacchiere e di inutili carnosità. Niente polpa. Niente marmellata. Somiglia, questa terra, al mio cuore fatto di ruggine rossa, di incroci di architetture ferrose. Niente polpa. Niente marmellata martedì, febbraio 07, 2006
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7:30 AM
by giovanna
e con le mani aperte sono nata sola bambina, ho imparato le parole più lunghe e più difficili correggendomi allo specchio ho imparato ad andare in bicicletta per scappare a ciò che non volevo ragazzina, ho parlato alle piante di menta verdi e a certe libellule che ti lasciavano vedere il cielo attraverso le ali ho imparato a fare da me ho imparato ad intrecciare nodi e a correre veloce più dei maschi oggi porto gli stessi occhi scuri d'acqua profonda le stesse mani aperte. corro veloce, so andare in bicicletta, conosco tutte le parole, guardo spesso il cielo e so trovare qualsiasi colore. queste sono le cose che so fare. giovedì, gennaio 26, 2006
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6:42 AM
by giovanna
il ghiaccio bruci e il sole sia freddo.. succede alle volte che una bocca diventi solo denti e gengive che un certo nome diventi solo un numero tra altri due nella rubrica di un telefono che una foto diventi una fototessera impalata e una carezza uno strofinare stoviglie da asciugare distrattamente giovedì, gennaio 05, 2006
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7:40 AM
by giovanna
una cicala non posso far altro che cantare e fare quello che mi pare cerco allora urgentemente un cuore da formica da installare trapiantare un cuore da formica per stabilire decisioni prendere a cuore ferree intenzioni evitare futili tentazioni se conoscete formiche morte di recente in feroci incidenti o tragici eventi sappiate che io cerco un nuovo cuore misura trentatre dunque mettetele in contatto con me in cambio il mio cuore usato offrirò per qualunque richiesta riceverò: come ingrediente per farci una sangria o per qualsiasi altra stregoneria
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