come buttare una bottiglia in mare, sperando che non colpisca in testa una cernia

martedì, dicembre 05, 2006


Io li conosco quei posti.

I ragazzini là impiccavano i cani per gioco e poi li colpivano con le pietre mentre penzolavano.

C’era una mia compagna di scuola che abitava dentro una casa blindata. aveva le vasche da bagno con i rubinetti d’oro ma casa sua era vuota, mezzo vuota, e sopra i divani c’era la plastica. non ti ci potevi sedere. se no si rovinavano. e dei lampadari enormi.
Quando andavo a fare i compiti da lei c’erano sempre degli uomini silenziosi in stanza con noi. a me non piacevano. e non ci sono più voluta andare.
Mio fratello lo picchiavano quasi tutti i giorni, a scuola, perché non parlava mai e non gli piaceva fare a botte. anche adesso mio fratello non parla mai.
C’era un ragazzino più grande di me, Clemente, si chiamava Clemente, che ora fa il camorrista. Mi dicono che è diventato uno di quelli che si fa rispettare.
Sua madre raccoglieva i pomodori in campagna. ogni mattina venivano a prenderla con un furgone pieno di altre donne. abitavano in una baracca. il padre non ce lo aveva. la sorella si è ammazzata.
Sai com'è, si finisce per diventare cattivi.
Io di Clemente mi ricordo solo che una volta mi ha consolato perché un cane per strada mi aveva dato un morso. Alla mano destra. Mi diceva ‘non piangere non piangere ti accompagno io da tua mamma’. Avevo sei anni. Lui mi ha preso in braccio, e mi ha portato a casa.

Io li conosco quei posti.

lunedì, novembre 13, 2006


Impasto i bianchi e i grigi. E le terre.
Procedo più lentamente del solito.
Non uso colori.
Appena metto un grammo di rosso subito lo lenisco con un bruno di van dyck.
Gialli poi, non se ne parla proprio.
Verde solo mischiato al nero...perchè diventi fango.
Così compare sulla tela l'immagine di un ricordo
che dissanguo.
Levando i colori levo il sangue agli oggetti e ai luoghi.
Ma il bianco, è lui che mi tradisce,
mostrando col suo candore
le pieghe languide di un letto sfatto.
Il bianco ti fotte sempre, con la sua luce.

mercoledì, ottobre 18, 2006


mi abituo alla vista nuova.
dalla stanza dove dipingo ora.
specialmente di notte.
vista underground su caviglie e pneumatici.
niente tetti di cattedrali,
piuttosto voci che arrivano dall'alto.
e ginocchia.
un gatto che scappa. sporco di fuligine.
una cartella di bambino.
la città mi prende ancora di più dentro il suo ventre d'asfalto.
sono sempre più figlia sua.
e in fondo è quello che voglio.

giovedì, ottobre 12, 2006


l'ultima notte che ho dormito là.
nella casa davanti al mercato.
Le stanze vuote rivelavano tutto quello che le ha riempite.
Le parole facevano eco. E i silenzi anche.
e le lenzuola svelavano in ogni piega un giorno. una notte.
ma quello che ho lasciato stanotte, non si può dire.
E allora sarà una tela.
Sarà una tela grande.
Userò molto bianco. Pochi colori. Quasi solo terre e grigi.
Sarà un letto sotto una finestra.
Il mio letto. La mia finestra.
E basta.
La stanza vuota.
Con gli angoli così candidi.
Tutti gli angoli che ho lasciato.

venerdì, ottobre 06, 2006


A casa mia quando eravamo piccoli
non c'erano libri
solo l'enciclopedia medica e un libro sui faraoni.
E poi potevamo sfogliare l'album delle foto di nozze dei miei genitori
o vestro e postalmarket.
E però, nonostante non ci fossero a casa mia librerie piene zeppe fino al soffitto,
come quelle che vedevo a casa di una mia compagna di scuola figlia di notaio,
noi piccoli i libri li abbiamo cercati, amati. Preferiti a tutto il resto.
I primi ce li facevamo prestare dai miei zii. In quella casa di Napoli dove c'era, nel salone,
anche una statuetta di dedalo e icaro. E liquori nei mobili. E sigarette.
Una casa diversa dalla nostra.
Mi incantavo sempre a guardarla quella statua di dedalo e icaro. Con quelle ali.
Io ero piccola piccola e tra i primi libri che mi feci prestare mi ricordo 'la noia' di Moravia e 'Marcovado' e 'Quo Vadis'.
Chissà poi perchè scelsi quelli, che cosa mi suggerivano le copertine, i titoli, i nomi degli scrittori.
Da allora poi i libri me li facevo comprare dai miei genitori. O mettevo i soldi da parte in una piccola cassaforte di plastica rossa.
Poi piano piano hanno i libri hanno riempito casa mia e anche quella dei miei genitori.
Dentro degli scaffali pieni quasi come quelli della figlia del notaio. Certo in scaffali meno pregiati.
E mio padre, da quando non crolla più morto di sonno, subito dopo cena, per la fatica di un lavoro pesante, ha cominciato a leggerli. Tutti.
E stamattina mi ha detto che li ha finiti tutti quelli che sono a casa. Me ne ha chiesti altri.
Con la stessa avidità con cui io chiedevo, bambina, a lui, di regalarmeli. Per favore. E lui non li capiva bene, allora, questi oggetti di carta e di parole. Ma mi accontentava. Si fidava di me. Dei miei desideri. Dei miei sogni.
Bo. Quasi quasi mi veniva da piangere. Per una specie di tenerezza.

giovedì, ottobre 05, 2006


uno strarlcio così quasi a caso dal mio romanzetto in fieri. sempre in fieri.

Vista da qui la flebo sembra un calice di cristallo. Pieno di un liquore dolce. Visto da qui il bianco delle lenzuola sembra un abito pronto da indossare per la prima comunione. E il rumore degli attrezzi di metallo sui carrelli suona come le note isolate dei tasti di un pianoforte.
Un notturno di Chopin.
Non sono i tagli e i chicchi d’asfalto che mi sono entrati nelle mani a ferire. Di più è la malinconia. Respiro diligente, però. So che devo continuare a farlo. Con un ritmo costante.Chi lo ha detto che respirare viene automatico?
Io ora ci penso a ogni boccata d’aria che ingoio a sforzo. Come quando imparavo le tabelline a fatica. Faccio sforzo di non smettere la cantilena dei respiri. Perché, tutto sommato, voglio continuare. Uno per uno uno. Uno per due due.
Perché, nonostante tutto, ci sono attaccata ai pomeriggi al mare, e a quelle poche cose come il camminare a fianco, l’aspettare l’estate seduti sui muretti, il pane con l'olio ed il sale. Come ballare o come quando ti viene da ridere e non riesci a smettere. Come la tovaglia pulita e il vino a pranzo, una canzone che passa alla radio, certe mattine d’inverno, al mercato, con le buste della spesa ad aiutare mia madre, e mio padre che ci aspetta in macchina. Cose come addormentarsi con la stanchezza e il latte caldo, svegliarsi con una voglia di andare nelle gambe. I ricordi, le coincidenze. Il desiderio e le possibilità. Infinite. Che sempre rimangono, finchè si respira. E’ per questo che, diligente, ingoio questo ossigeno difficile. Attenta a non sbagliare.
Uno per uno uno. Uno per due due. Uno per tre tre.
Quando finalmente il respiro mi è tornato automatico mi hanno spostato dalla rianimazione in una stanza con altre persone.

giovedì, agosto 17, 2006


Non mi fido
di chi m'urla il suo amore
come un aquila starnazzante

chi urla troppo si strozza
e muore

mi fido piuttosto di chi aspetta in silenzio nella stanza

e così pure
preferisco chi m'odia con sorda ostinazione
a chi mi scrive canzoni d'amore che parlano di rive e di lune.
Generiche rive, generiche lune
non varranno mai una bestemmia contro.

non mi fido di chi mi dice bella per quel modo leggero, così crede, che ho di spostarmi i capelli dal viso

mi fido piuttosto dello sconosciuto che mi sfiora, per caso, col dorso la mano
nell afa e nei neon di una metropolitana stracolma
quando a sera, con gli occhi stanchi, rientro dal lavoro
con le buste della spesa
con dentro il latte e il pane

è, quella, la carezza di compassione e disperato amore
di chi sta nello stesso naufragio

non vi fidate, insomma, di chi v'urla il suo amore come
un'aquila starnazzante
né di chi vi dice la vostra insopportabile mancanza
sdraiato su un comodo cuscino
di una camera d'appartamento

sui comodi cuscini degli appartamenti
una carta da parati vale l'altra
così pure
una bocca
vale l'altra

e chi le bacia, povero stupido, crede che il rosso carminio d'alzarina sia uguale a un rosso di cadmio

mercoledì, luglio 05, 2006


è tempo
di tendere fionde
e di sciogliere i capelli
è tempo di preparare il pane
al mattino presto
quando è ancora alba
è tempo di levarsi gli abiti
è tempo di cogliere le ciliegie
più rosse
più dolci
è scaduto il tempo
del silenzio
del bianco
del digiuno

è tempo
di suoni e miele forte

scaduto il tempo
delle ortiche,
preparo
il tempo dei girasoli

lunedì, maggio 22, 2006


c'è stato quello con gli occhiali,
che russava e quando dormiva era un orribile orco.
e quello che sapeva solo ascoltare e
non sapeva dire nulla, se non sgranare rosari,
che quelli sono sempre uguali e facili da recitare.
e poi quello che su una parete bianca diventava bianco
e su una parete gialla, giallo.
Su una parete rossa, però, guarda un po', non sapeva diventare rosso.
e poi, te lo ricordi, quello che sul citofono prima del nome
c'aveva scritto 'arch.'?
Poi c'è stato quello sprezzante
che passava sui cadaveri e ci saltava sù con la corda.
arancio, pera, limone e fragola.
e poi poi

una domenica mattina
uno
con gli occhi azzurri
e un sorriso da ciliegie e primo sole
Lei lo notò anche se lui stava girato di spalle.
Figuriamoci che occhi deve avere uno che si nota
anche se sta girato di spalle.
e non aveva 'arch.' scritto sul citofono,
ma, anzi, neanche il nome.
Il nome, doveva indovinarlo lei, che andava a cercarlo.

Ma è facile indovinare
il nome di chi porta gli occhi azzurri e un sorriso da cilegie e primo sole.

mercoledì, marzo 22, 2006


Lasciate in pace per favore
il pittore. Non gli chiedete nulla.
Non gli mettete per favore le mani addosso.
Non gli frugate nelle tasche.

Hai preso pezzi d'anima
li hai tagliati a fette
ne hai raccolto il sangue in una bacinella di plastica
e lo hai buttato su del cotone bianco.
hai preso notti con la gastrite
hai preso un dolore antico
un pianto in una angolo di quando eri bambino
hai preso tua madre e tuo padre
hai preso il freddo
hai preso tutto quello che non capisci
e lo hai buttato su del cotone bianco

hai fatto tutto questo

per poi trovarti a un vernissage
con una faccia con gli occhi lessi
da cefalo
che tracanna vino
e ti chiede
'ma perchè sono così tristi questi quadri? sei tanto una bella ragazza'
'ma perchè c'hai messo un orologio sotto l' albero? che vuol di'?'


e una bocca che mastica
aperta
che ti dice
che carino
troppo bellino
che carino che carino

Lasciate in pace per favore
il pittore. Non gli chiedete nulla.
Non gli mettete per favore le mani addosso.
Non gli frugate nelle tasche.

Le domande per favore
fatele ai mercanti,
agli orridi critici che sanno
dare 'senso' e univoche spiegazioni.

I pittori lasciateli da soli con le loro bacinelle di plastica

e non usate per favore l'aggettivo 'carino'

mercoledì, marzo 15, 2006


Succede che ti trovi una sera
tra un orribile orco che ti respira in faccia,
e ti parla degli sponsor delle feste patronali
Succede che alla stesso tavola
alla tua destra sieda una donna con gli occhi a palla e il bacino stretto
che ti parla del fondotinta dei politici
e del martirio di berlusconi.
Succede che quella sera tu stai e non puoi andare via.
E poi ti chiedi, mentre il tuo fegato, dignitosamente, si autocorrode, ma perchè
non sbatto la borsa e anche il tavolo per aria e scappo via?
e poi gli orchi ti vogliono scortare sotto casa come ci potesse essere
per te
qualcosa di più minaccioso di loro..
E tu guardi la finestra del ristorante aspettando che arrivi
uno zorro qualsiasi a portarti via.
E ti dici che stai buttando una sera della tua vita in pasto a questi orchi.
Poi d'improvviso ti ritrovi a parlare col cameriere che vi serve al tavolo
e scopri che è scappato dal suo paese,
che è un bravissimo pianista,
che è un cantante lirico.
E ti ripete con la faccia avvilita e appassionata
'io non sono un cameriere, io sono un cantante'.
E poi succede che quella stessa sera
ti chiama lisa, la piccola lisa,
che dall'alto dei suoi sei anni
ti vuole raccontare dei quadri belli che ha visto
e ti dice di una grande tela rossa con un taglio al centro
e ti racconta che quella per lei
vuol dire 'che una persona ha ucciso se stessa,
perchè c'è il rosso del sangue e un taglio nella tela
che era sua, che aveva fatto lui, il pittore'
ti racconta un quadro dall'alto dei suoi meravigliosi sei anni.
allora, senti le altezze
dei sei anni di lisa
di un cameriere pianista che vive straniero in questo paese
e soffre e non si arrende.
Allora capisci che anche quella serata al tavolo degli orchi ha un senso.
E ti commuove, ancora una volta, la vita.

venerdì, febbraio 24, 2006


Non sopporto la gente che parla in continuazione.

Di questa terra di Liguria che attraverso mi piace invece questa luce priva di colore.
Grigio bianchissimo e silenzioso.

Scelgo il silenzio o il rumore assordante di una musica urlata.
Il chiacchiericcio inutile, no.

Pietre e acqua di Liguria. Alberi secchi. Nessuna opulenza vanagloriosa.

Riconoscente ammiro questa terra e questa acqua aspra di sale.
Terra che non s'agita di chiacchiere e di inutili carnosità.

Niente polpa. Niente marmellata.
Somiglia, questa terra, al mio cuore fatto di ruggine rossa, di incroci di architetture ferrose.
Niente polpa. Niente marmellata

martedì, febbraio 07, 2006


sono nata con occhi scuri d'acqua profonda
e con le mani aperte

sono nata sola

bambina, ho imparato le parole più lunghe e più difficili
correggendomi allo specchio

ho imparato ad andare in bicicletta
per scappare a ciò che non volevo

ragazzina, ho parlato alle piante di menta verdi
e a certe libellule che ti lasciavano vedere il cielo attraverso le ali

ho imparato a fare da me
ho imparato ad intrecciare nodi e a correre veloce
più dei maschi

oggi porto gli stessi occhi scuri d'acqua profonda
le stesse mani aperte.

corro veloce, so andare in bicicletta,
conosco tutte le parole,
guardo spesso il cielo
e so trovare qualsiasi colore.

queste sono le cose che so fare.

giovedì, gennaio 26, 2006


succede che alle volte
il ghiaccio bruci
e il sole sia freddo..

succede alle volte
che una bocca diventi solo denti e gengive

che un certo nome
diventi solo un numero tra altri due
nella rubrica di un telefono

che una foto
diventi
una fototessera impalata
e una carezza uno strofinare stoviglie da asciugare
distrattamente

giovedì, gennaio 05, 2006


essendo
una cicala
non posso far altro
che cantare
e fare
quello che mi pare

cerco allora
urgentemente
un cuore da formica
da installare
trapiantare

un cuore da formica
per stabilire decisioni
prendere a cuore ferree intenzioni
evitare futili tentazioni

se conoscete formiche
morte di recente
in feroci incidenti
o tragici eventi
sappiate che
io cerco un nuovo
cuore
misura trentatre
dunque mettetele
in contatto con me

in cambio
il mio cuore usato
offrirò
per qualunque richiesta
riceverò:
come ingrediente
per farci una sangria
o per qualsiasi altra
stregoneria

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